A volte fa bene piangere

Lo confesso ho pianto ed è  successo il 2 agosto quando ho salutato  Amur, Zeno e Raffy. Loro sarebbero tornati a casa e io mi sarei fermato qualche giorno ancora a Londra prima di rientrare in Brasile. Loro hanno come direzione futura un training camp a Solkan e poi Augsburg e Praga per allenarsi e gareggiare. Io invece ho da lavorare con il resto dell’Equipo permanente. Non sono previste soste o pause e non sappiamo se torniamo in Europa per le ultime due gare di Coppa del Mondo. Per il momento  si lavora e si va avanti per il cammino intrapreso.
Alla stazione di Stratford, quella sera,  ho lasciato una parte di me che forse non ritroverò tanto facilmente. Ho pianto di gioia e di tristezza, ho versato lacrime dolci, ma nello stesso tempo salate. L’emozione è stata seguendo i passi delle mie vite che proseguiranno a camminare per il mondo anche dopo la mia divenuta.

I pensieri si sono accavallati quando sono stati fagocitati dalla gente. Da quella massa di persone che entrando nella metropolitana portavano le loro storie con sé.  Sono stati pochi istanti, ma che sono durati un’eternità e che hanno la forza dirompente di mille uragani e di mille soli:  Amur con i nostri due pargoli diventati ormai uomini mi hanno emozionato non poco: l’avvolgevano, la proteggevano, la cullavano, come lei faceva quando erano piccoli. La testa leggermente ripiegata di Zeno verso Raffy, lo sguardo verso l’alto di suo fratello per cercare gli occhi e le emozioni ognuno nell’espressioni dell’altro con  il sorriso di una donna fantastica sarà l’immagine che porterò sempre con me per i prossimi quattro anni che saranno difficili, forse lunghi, irti, ma che avranno per noi un significato forse unico e sublime.

Mi sono rituffato nel passato, quando quei due marmocchi li lanciavo in aria per riprenderli dopo un volo di qualche metro verso il cielo o li cullavo tra le mie braccio facendo una sorta di altalena.  Dicono che quella fosse l’educazione motoria degli indiani “Mohawk” che com’è risaputo hanno particolari doti di equilibrio... fondamentale per loro  per lavorare a centinaia di metri di altezza come carpentieri nella grande epoca dello sviluppo di Manhattan, fondamentale per Zeno e Raffy per pagaiare bene. Da neonati  infatti vengono cullati su amache  che dondolano vistosamente arrivando quasi a fare il giro della morte. Mentre quando sono ancora piccoli i genitori o i vari componenti della famiglia si passano i bimbetti lanciandoli come se fossero palline da baseball! Si pensa che per questi motivi i Mohawk non soffrano della distorsione della percezione sensoriale quando sono ad una certa altezza dal suolo, in sostanza non hanno vertigini.  
Poi ho pensato quanto stiamo bene assieme e quanto mi mancheranno nel prossimo futuro, so che non è ben chiaro il mio ritorno in Europa e so anche che Zeno dovrà organizzarsi bene con l’università prima di venire lui in Brasile ad allenarsi come ha scelto di fare. Raffy, che poi è il filosofo e psicologo della famiglia, ha una gran voglia di pagaiare, me lo ripeteva sempre nei giorni di gare a Londra e vedere grandi campioni all’opera certo aiuta non poco a caricarsi di energia positiva. Raffy ha solo 14 anni ed è alla sua terza olimpiade da spettatore! Ha iniziato ad Atene partendo con la mamma in auto da casa,dormendo in macchina, attraversando l’Adriatico in traghetto, sbarcando a Patrasso. Poi volando a Beijing in una Cina tutta da vivere, alla scoperta non solo dei Giochi Olimpici, ma anche alla ricerca di tradizioni e culture diverse, apprezzandone arte, cultura e...culinaria. Poi Londra,  una olimpiade che la stampa vedeva molto male, ma che alla fine ha dato e regalato a questo evento professionalità e stile. Una Londra vissuta con il fratello più grande per vivere da uomini in una città cosmopolita come è la capitale del Regno Unito.
Che bello vedere che due fratelli condividono praticamente tutto e capire che hanno gli stessi interessi, mantenendo e arricchendo l’altro con le proprie e  pur differenti personalità.

Incantato su una transenna a Stratford la notte mi ha accolto, forse per minuti, forse per ore o giorni,  l’unica certezza che tutto ciò sia avvenuto sono state quelle lacrime che d’incanto mi hanno destato... qualche volta bisogna,  fa bene piangere  per non dimenticarsi mai che la vita è un grandissimo regalo e che come tutti i regali va vissuta, amata e consacrata ai nostri ideali.


Occhio all'onda!

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