Adigemarathon un'avventura unica


L’ho detto, l’ho scritto più volte, lo ripeto anche in questa occasione e ne sono sempre più convinto: per apprezzare alcuni frangenti di vita bisogna prima metabolizzarli... deve cioè passare del tempo e nel nostro caso bisogna aspettare che l’acqua solcata dagli oltre mille pagaie abbia raggiunto il mare! In quell’acqua salata si raccoglie la nostra vita per essere catturata dagli abissi marini, che la farà rivivere prima o poi in qualche altra sua creatura. Solo allora il vissuto entra in te con la consapevolezza di rivivere in ogni tuo respiro in ogni tuo gesto, in ogni tua espressione. Ed è incredibile come dopo otto anni tutto ciò riappare costantemente in ogni edizione così lucido e chiaro come la forza dirompente di un uragano, come la potenza del vento e con lo spirito libero dell’acqua che corre. E’ una lunga storia, un percorso che piano piano durante l’anno si va formando e che nelle ultime due settimana prende vita e cammina quasi in maniera autonoma ed indipendente. Ogni persona sa esattamente cosa fare, e ogni persona è sempre più motivata e vogliosa di concretizzare tutta una serie di emozioni che crescono sempre di più. Le mille riunioni di Alviano con i suoi volontari, le mille e-mail di Massimo che convoca le riunioni di Alviano e che condivide con noi. Le preoccupazioni di Bruno che corre dalla tipografia, alla banca, dalla banca alla sede di Arcè del canoa club e dalla sede di Arcè a casa per cercare di recuperare energie. Poi c’è Leone che coordina Alviano che a sua volta viene indirizzato da Ennio, ma che aspetta Vladi e Roby per agire. Poi Giorgio che corre con le fatture dagli espositori e che si rinchiude in segreteria per distribuire euro ai vincitori, con Renzino che viceversa incorona i vincitori con le medaglie. Completamente autonomo con il suo gruppo di fantastische “donne” è Erminio che garantisce vettovagliamento e una buona parola per tutti. Qualche minuto lui lo può perdere a mantenere le relazioni pubbliche perché è nel suo carattere e perché c’è la Bianca che nel frattempo manda avanti la baracca e controlla la fiamma del gas perché non si bruci tutto. Poi arriva anche Romina dopo aver chiuso la discesa. Quando la vedo sulla riva correre, ancora con la muta e il salvagente in mano, verso la cucina, mi rassereno perché se lei è lì significa che tutto è andato bene e che anche l’ultima pagaia ha lasciato il fiume per tornare nel suo lido d’origine. Poi c’è il Tati che ha idee chiare e poche parole, ma è sempre attivo. Tu dagli una incombenza e sei sicuro che presto si concretizza, non come il tiramisù della Franca! Ci sono poi gli sguardi preoccupanti della Stefy che riporta tutti noi al regolamento, per fortuna che c’è la Fabiana che rimette tutto sul binario dell’operatività con soluzioni e idee brillanti. Lei, che va a braccetto con Andrè di Siwidata, è una garanzia assoluta per la gara così come il saggio Coduri che le soluzioni le tira fuori dal cappello magico con la maestria del mago. Ogni anno poi ci sono sempre new entry lavorative che rafforzano il gruppo e danno vitalità a tutti. I “vecchi” li guardano con sospetto. All’inizio diffidano, poi, al primo caffè, sembrano anche loro essere sempre stati della partita. Si arriva alla settimana clou di slancio e speri che passi velocemente, ma poi quando è finita un pochino ti dispiace perché non si riesce mai a fare tutto quello che avresti voluto veramente. Quel giorno il tempo è un elemento astratto e si materializza come le nuvole o i tramonti dei video di Lazzarotto e ti ritrovi a piegare teloni bianchi infiniti e pesantissimi, fino alle cucine. C’è chi a tavola a fine gara si addormenta tra una portata e l’altra: Gengi ha lavorato fino allo sfinimento e soprattutto ha condiviso con noi gioie e dolori. Lui che potrebbe fare il presidente in carrozza. Salire sul palco e farci i complimenti come qualche suo collega presidente e poi dimenticarsi della canoa discesa per i prossimi 364 giorni dell’anno. Ho notato che tanto più apparentemente accorati sono le lodi e tanto più lontano io vado a lavorare, che sia indirettamente proporzionale? Arcangelo viceversa ha scelto un’altra strada, quella di sporcare i guanti da lavoro e non semplicemente di elogiarli. Tornando a casa mi risuonano nella mente le parole di Ennio del venerdì precedente: “ma che sapore magico ha questa pasta mangiata qui in compagnia e con questi sguardi?” Tra una cosa da fare e un lavoro ci siamo seduti a mangiare una pasta al pesto preparata con tanta cura e amore dalla Bianca, attorno ad un tavolo che si animava sempre di più e che ci costringeva a stringerci fisicamente, ma che aveva la capacità di aprire i nostri cuori e i nostri occhi agli altri.

Già... ma che immenso valore morale ed emozionale potrà mai avere per tutti noi e per i partecipanti l’Adigemarathon?


Occhio all’onda!

Commenti

  1. Bel post, intenso, vero, da Ivaldi prima maniera.
    Tonno

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  2. Complimenti, hai espresso tutto magnificamente. Erminio

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