Alberi di Natale sogno per restare bambini



Arrivando da sud lo si vede da lontano. Lo si vede appena scollinato il cavalcavia dalla fiera di Verona. Lo si vede usciti dalla curva di Tombetta. Arrivando da ovest gli si vede la punta luminosa. Anche da est e da nord ne emerge l’estremità.
L’effetto, in una notte fredda e buia, è magico. Per Verona gli alberi di Natale della famosa ditta di pandori Bauli stanno diventando una tradizione. Per la prima volta però, quest’anno, è stato posto davanti a Porta Nuova, storica entrata alla città di Romeo e Giulietta. Il Sanmicheli non ne avrà male anche perché, passate le feste, la sua grande opera datata 1535 ritornerà a segnare il nostro cammino a casa, pulita, maestosa e fresca come sempre: immagine di un tempo passato che porto spesso e volentieri con me quando sono girovago nel mondo. Porta Nuova, segna il rientro alla mia vita scaligera, mentre piazza Bra ricorre nei miei sogni quando sono lontano da casa da molto tempo. Al salotto di Verona sono particolarmente legato fin da piccolino. L’ ho amato grazie alle mie zie sarte che avevano il laboratorio che si affacciava proprio sull’arena. La loro vita.
L’albero di Natale è alto più di venti metri con un diametro di quasi di dieci. All’imbrunire si illumina d’incanto e guida il pellegrino nella notte. Sono state prese in prestito dal cielo alcune stelle che integrano il simbolo della Santissima Trinità. Lo vedi e ti mette di buon umore. Lo vedi e sorridi, non puoi fare diversamente in questo freddo, piovoso e ora nevoso inverno. Con l’albero entri nel clima natalizio... e anche la storia del cane Athos ne fa parte. Un cane che, una volta salvato dalla nave che stava affondando, ha preferito rilanciarsi in mare per non abbandonare quella che per lui rappresentava la sua casa e la sua vita. Nato e cresciuto sulla Jolly Amaranto e con lei aveva toccato praticamente i porti di tutto il mondo. Lui, il cane, aveva consolato i marinai in quei giorni difficili arenati in mezzo alla tempesta in mare aperto. Lui che che su quel natante si trovava bene e ci sguazzava da sentirsi un re. Lui che ha preferito scegliere dove morire e non lasciare al destino e al tempo la decisione che prima o poi colpirà tutti noi.
Il più bell’albero però è quello che mi ha accolto ieri sera in una fugace scappata a casa. Semplice, ma adorno di tanti diversi oggettini acquistati in varie parti del mondo e fatto con tanto amore, e passione.
Il più triste è quello che si incontra di giorno in piazza San Marco a Valstagna. Sta lì in mezzo alla piazza, senza una vera e precisa logica. Non ha ghirigori alla base: sembra essere spuntato dall’asfalto, non ha palle colorate, non ha luccichii. E’ lì e aspetta la notte per prendere un po’ di vita, si accende con i lampioni del paese e segna il cammino per chi scende dalla montagna o per chi va da nord a sud.
Alberi che entrano in noi e ci fanno sognare segnando il nostro cammino nella vita.

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