Mai fermarsi in una risalita


“le parole hanno un peso
quando danno calore”
- Barbara -



Minaccia pioggia. Il vento è così forte che i due leprotti, che zampettano sul prato a ridosso del campo di slalom, faticano a restare con le zampe a terra e manca poco vederli volare come l’elefante Dumbo. I pali delle porte in legno, decisamente pesanti, viaggiano paralleli all’acqua. Pensavo di andare a corre, ma qualcosa mi fa desistere... chissà che cosa sarà? Sono entrato nel vivo del mio libro, ma devo essere parsimonioso nella lettura visto che dopo domani mi aspetta un viaggio in treno di oltre 9 ore. Nel frattempo però i surfisti se la spassano alla grande sul gigantesco lago formato dalla diga qui a Cunovo sul Danubio.
Quindi non mi rimane che concretizzare quel pensiero che mi gira per la testa da qualche giorno: ho tempo e allora assemblo i video di 4 K1 uomini che in questo momento stanno, secondo il mio modestissimo parere, interpretando al meglio le porte in risalita. Ho preso quindi un paio di risalite di coppa del mondo di Peter Kauzer, Dariuz Popiela, Daniele Molmenti e Michael Kurt. Bene, il video rafforza la mia convinzione... i programmi di analisi fanno veramente miracoli!
L’idea che mi sono fatto è che tutti e quattro nella fase di spinta dopo la rotazione si concentrano a spostare il busto in avanti spingendo la canoa fuori con il piede esterno per mantenere l’equilibrio. Ne risulta che la barca non perde velocità, anzi la mantiene anche nelle pagaiate successive. La loro dinamicità e lo sguardo rivolto a valle o alla porta successiva li accomuna ulteriormente. Guardare avanti significa anticipare la rotazione delle spalle, facilitando anche lo spostamento del peso verso la punta.

Altri ottimi atleti riescono nell’intento, ma la differenza è che questi quattro slalomisti riescono a farlo con una percentuale molto elevata e nelle situazioni più disparate. Altri invece lo eseguono in maniera eccessiva e a volte gratuita.

Certo le risalite sono un tema vecchio e tondo come il mondo, discusso in continuazione poiché molte volte diventa la chiave per il successo.

L’attenzione però viene riposta nella prima parte tralasciando la fase di chiusura e uscita. Il 90% degli atleti in allenamento e, penso di conseguenza, anche degli allenatori, terminano i loro percorsi ad una risalita, indifferentemente che si tratti di percorsi lunghi, velocità o tecnica. Si fa quest’ultima porta e poi si molla l’osso. Questo crea un automatismo errato, meglio concludere il percorso tre o quattro colpi dopo l’ultima porta, sempre e comunque... e l’automatismo è salvo!
Quante volte si vede in allenamento atleti tirare e poi all’ultima risalita chiudono rimontando verso monte e non scendendo verso valle? A me capita spesso e la cosa mi fa imbestialire non poco. La soluzione è semplice: dopo una risalita metteteci sempre una discesa e vi togliete il pensiero.

Ok! la prossima volta non vi assillerò più con i miei appunti tecnici, ma vi racconterò della passeggiata romantica di Pavol Hochoschoner con la sua bionda fiamma a cui ho avuto modo di assistere. L’anima del giornalista è sempre viva dentro di me e la curiosità dei lettori non si limita solo al fatto di capire come migliorare le proprie tecniche canoistiche o... mi sbaglio?


Bratislava, 28 Luglio 2010 - Summer Slalom Training Camp

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